L’Ucraina è la fine della globalizzazione?

E se con la guerra in Ucraina fosse finita la globalizzazione?
La domanda può sembrare provocatoria, ma è molto concreta. Anche perchè non sarebbe uno scenario del tutto nuovo.
Globalizzazioni vecchie e nuove
La Rivoluzione Industriale aveva messo a disposizione tecnologie, grazie alle quali gli spsotamenti di persone e commerci furono più rapidi e meno costosi
.Tra la fine dell’Ottocento e il 1914 vi fu quella che oggi definiamo la prima ondata della globalizzazione. Dopodiché, le due guerre mondiali e la Grande Depressione del 1929 fermarono tutto.
Poi, dal 1945, quando la divisione del mondo in due blocchi rilanciò i commerci all’interno di ognuno di essi. Iniziò la seconda ondata, seguita da una terza a partire dalla fine della Guerra Fredda , caratterizzata da una mobilità dei capitali quasi perfetta e dall’introduzione di nuove tecnologie telematiche.
Spartiacque negativo per la terza ondata fu la crisi finanziaria mondiale del 2008-’09. Nel lungo decennio successivo al crac di Lehman Brothers e prima della pandemia , la crescita mondiale è stata trainata sempre meno dagli interscambi commerciali.
La svolta ucraina
L’attacco russo del 24 febbraio rischia di accentuare un fenomeno già intravistosi con la “guerra dei dazi” tra USA e Cina, le prime due economie mondiali. Le sanzioni occidentali contro Mosca sono state volutamente durissime e stanno portando al collasso finanziario della Federazione.
Il rublo è collassato fino al 40%. Per mitigare i rischi, la banca centrale russa ha portato i tassi d’interesse dal 9,5% al 20%. Circa la metà dei 630 miliardi delle riserve valutarie russe si trovano all’estero e sono state “congelate”, impedendo difendere appropriatamente il cambio
Nel frattempo, le carte bancomat e di credito dei circuiti Visa e MasterCard non funzionano più in Russia. Sette banche domestiche sono state espulse dallo Swift il sistema dei pagamenti internazionale.
E sono decine e decine le multinazionali che hanno annunciato la sospensione delle attività nel paese. Diversi fondi d’investimento stanno liquidando le loro posizioni sul mercato russo, privandolo anche dei capitali passivi. La crisi è così forte, che la Russia si disconnetterà del tutto da Internet entro fine settimana. Sta diventando persino molto difficile per Mosca vendere il suo petrolio all’estero, dato che nessuna nave-cisterna sta assumendosi il rischio di acquistarlo, temendo le sanzioni occidentali, finora non dirette al comparto energetico.
Anche in Occidente, la situazione non arride a Putin. perché anche l’Europa sta ripensando alla globalizzazione. Ha compreso quanto sia importante l’indipendenza energetica. Già con la pandemia, quando ci trovammo privi di mascherine e ventilatori polmonari, i governi s’interrogarono sull’opportunità di impedire certe delocalizzazioni “sensibili”. Adesso, i dubbi sono semplicemente stati rafforzati: se il nostro fornitore diventa un nemico , come continuare a farci affari?
Fine terza ondata di globalizzazione?
In buona sostanza, si stanno creando le condizioni per una globalizzazione più simile alla seconda ondata: produzioni in aree regionali omogenee dal punto di vista geopolitico ed economico.Le nazioni in futuro potrebbero tornare a commerciare principalmente con altri dello stesso tenore di vita e appartenente alla medesima sfera d’influenza.
Per essere chiari, si starebbero ricreando blocchi contrapposti. Due di questi sono l’Occidente e l’Asia (Cina-India-Russia).
Stando così le cose, i capitali si muoveranno meno facilmente nei prossimi anni. Un ente cinese o indiano non avrà certezza di poter disporre dei propri asset qualora il proprio paese entrasse in conflitto con quello di destinazione dei propri investimenti. E viceversa. La globalizzazione si fonda sul rispetto delle regole e sulla fiducia reciproca tra gli stati. In assenza anche solo di una di queste, la mobilità dei capitali appare impossibile. E con la guerra ucraina il mondo è diventato palesemente più rischioso per chi investe e fa affari fuori dalla sfera d’influenza.
La fine della globalizzazione come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 30 anni, specie con la caduta dei regimi comunisti dell’Est Europa e l’ingresso della Cina nel WTO, porterà a conseguenze drastiche sulle vite di tutti i giorni. Il fatto che si vada riducendo la concorrenza tra le imprese che producono potrebbe far pensare a vantaggi immediati in termini di livelli di occupazione e salari. Tuttavia, i costi di produzione lieviteranno e il potere d’acquisto scenderà. Forse, l’era dei beni di consumo “cheap” volge al termine.