Aria di patrimoniale

La parola “patrimoniale” fa scendere un brivido lungo la schiena di milioni di italiani solo per la pronuncia.
Una paura che affonda le sue radici nel lontano luglio 1992, con una prelievo forzoso notturno sui conti correnti pari al 6 per mille. Un’idea del governo Amato I e nello specifico del ministro alle finanze Giovanni Goria, scomparso e mai compianto.
All’epoca c’era la necessità di reperire risorse per la manovra finanziaria(sforzo vanificato dalla speculazione contro la lira due mesi dopo); oggi occorre nuovo gettito per la pandemia da Covid 19.
E questo ci porta all’emendamento del deputato Nicola Fratoianni(Leu) e del presidente del Pd, Matteo Orfini.
Parola d’ordine: progressività
L’idea( prima apparentemente cestinata e poi resuscitata ) sarebbe di varare aliquote progressive a partire da 500.000 euro di patrimonio finanzario e immobiliare netto , cioè degli scaglioni crescenti dallo 0,2% fino al 2% per i fortunati con un ricchezze di 50 milioni di euro o più. Questo ai sensi dell’articolo 53 della Costituzione.
A disporre di una ricchezza netta superiore al mezzo milione è poco meno del 10% delle famiglie italiane, detentrici di circa il 45% della ricchezza netta complessiva. Essendo la ricchezza netta di poco inferiore ai 10.000 miliardi di euro, l’imponibile si aggira attorno ai 4500 miliardi.
Seguendo queste cifre ed il sistema di scaglioni, l’incasso previsto dall’emendamento alla manovra sarebbe di circa 18 miliardi, assimilabile a quello dell’IMU che, se abbiamo ben capito, verrebbe abolita. Fin qui i conti tornano.
La patrimoniale esistente
Quello che non torna è il resto, e cioè che la patrimoniale già esiste.
L’IMU sulle seconde case imposto anni fa da Mario Monti, in ossequio ai dettami di Fmi e Ue, ha portato a triplicare la tassazione sugli immobili, da 8 a 25 miliardi. Da allora siamo scesi a 21 miliardi, con l’abolizione dell’IMU sulla prima casa con il governo Renzi.
Tali scelte, oltre ad aver drenato decine di miliardi di euro di liquidità dalle tasche dei cittadini, hanno portato ad una perdita del valore reale degli immobili pari al 25% circa.
I debiti che (non) si cancellano
Il debito pubblico italiano ha sfondato la soglia dei 2500 miliardi lo scorso 30 settembre.
Gli scostamenti di bilancio ed i prestiti europei, come Sure , eventualmente Mes e se mai arriverà il Recovery Fund, contribuiranno ad aumentare questa cifra.
Il massiccio intervento della Bce ha ridotto al minimo gli interessi sui Btp, ma la cancellazione del debito ipotizzata da Sassoli resta una chimera.
Se poi si aggiungono le annose questioni dell’evasione fiscale e delle inefficienze della Pa, il quadro è poco confortante.
Conclusioni e soluzioni
L’emendamento Fratoianni risulta purtroppo l’ennesimo episodio demagogico. Nello specifico, si tratta di emozionare la maggioranza dei cittadini con la possibilità di arricchirsi ai danni di una minoranza .
Esso spiega perchè i padri costituenti hanno escluso la materia fiscale dai referendum.
La proposta non andrà lontano, ma è la triste espressione di una politica che ha abbandonato senza eccessivi sforzi la sfida della crescita abbracciando tout court quella della redistribuzione di ricchezze sempre minori.
Un nuovo patto Stato-cittadini potrebbe essere l’unica soluzione.
Anche se gli Anni 80-90 dei Bot people e delle cedole astronomiche sono probabilmente irripetibili, l’inflazione pressochè inesistente consentirebbe al governo di emettere obbligazioni per opere pubbliche e progetti industriali di sostenibilità e digitalizzazione coinvolgendo e remunerando i privati.
Ma è molto più facile imporre una patrimoniale per raccogliere i consensi. Mala tempora currunt.